le mie Marche

La storia che siamo: i Piceni

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Reduce da una visita all’Antiquarium di Numana, gestito egregiamente dalla dott.ssa Nicoletta  Frapiccini, nonchè all’Archeodromo che si trova nelle vicinanze, ho cominciato a chiedermi chi fossero davvero  i nostri antenati, quelli che abitarono la nostra regione e  cominciarono a identificarsi come popolo, anche se poi la storia ci racconta di diverse invasioni nel corso dei secoli, tuttavia l’archetipo che qualificò per sempre il nostro territorio sotto una definita stirpe genitoriale risponde al nome dei Piceni.
Un popolo guerriero, a quanto pare, che si spostò, baracca e burattini, dalla Sabina verso le Marche guidato da un picchio, che è oggi il simbolo della nostra regione, ovvero il Picus, una sorta di totem, un animale sacro identificato in Mamurio o Marte così definito in seguito dai romani. Insomma un dio della guerra.
Ma non solo. Quando la terra non bastava più per tutti si preparava la primavera sacra, ovvero i primogeniti, giunti all’età adulta,  dovevano emigrare per fondare nuove comunità altrove. Basta, si cambia posto.  La migrazione veniva preparata con una precisa procedura e si interpretavano i movimenti dell’animale guida . Il Picchio in genere è un animale che avverte le piogge, nidifica nelle querce, fa un forte rumore con il becco sui tronchi e e vi si arrampica a spirale, posso pensare che la migrazione abbia durato anni, e che questo uccello sia andato verso la nostra terra perchè ricca di vegetazione e anche di animali, e infine abbiano trovato anche il mare, e cominciato a commerciare materie preziose come l’ambra, in cui Numana e il suo porto era  crocevia di scambi, il ferro dall’Etruria e l’avorio dall’Africa.  L’Adriatico allora era più importante del Tirreno.
Ricercatori accaniti come Robert Graves ci raccontano che il Picchio era anche Picus, un re  o Fauno, che dal Lazio li ha guidati fino alle Marche e all’Abruzzo, e questo può essere anche verosimile, ma Fauno è l’alter ego del dio Pan, che nasce come figlio di un picchio della quercia e quindi da un uovo. Pan è il dio della natura. Siccome il legame tra Roma e l’Arcadia è sempre stato stretto è anche possibile che una tribù pelopide avesse raggiunto il Lazio dal mar Nero, perciò i Piceni venivano si dalla Sabina ma ancora prima erano del Peloponneso e prima ancora dal Mar Nero.
Non mi sto perdendo, perchè la storia ci insegna che le popolazioni si muovono, non rimangono mai ferme, specie quando devono sopravvivere. Quanto al dio guerriero Marte o Mamurio che dir si voglia, egli più che altro ai tempi di Romolo e Remo era un dio pecoraio dal volto rosso e dal grande vigore erotico che immortalò Rea Silvia in una grotta e gli fece partorire i due gemelli. Rea Silvia fuggì via infine e chi nutrì i pargoli fù un lupo e un picchio. Pan, il dio dalla genealogia oscura, come l’origine dell’istinto , ha stranamente ha al suo servizio un lupo.
Mi viene in mente la danza dei guerrieri piceni attorno ai lupi, un coperchio che si trova nella teca del Museo Archeologico di Ancona, i lupi attaccano le pecore, quindi anche Marte il dio pecoraio. Chi sono dunque i lupi in questo giro di giostra di animali e dei, quelli che attaccano le pecore o o quelli che hanno alimentato Roma?

A Numana è possibile rendersi conto come abitassero, nella zona archeologica denominata area Quagliotti Davanzali ,  hanno ricostruito una casetta e dei forni, l’intimo familiare: un letto, un telaio, suppellettili per cucinare e macinare a pietra. Nel mentre che gli archeologi mi spiegavano come procedeva la giornata tipo di una donna picena mi sono chiesta come poteva vivere , se era stata una bambina felice, se non avesse subito traumi, avesse abbracciato e stretto persone care, baciato guance e accarezzato capelli. Ho cominciato a provare quel sentimento che me la rendeva in qualche modo simile e diversa al tempo stesso, l’ho vista camminare per un sentiero e raggiungere la spiaggia, mentre i bambini le correvano dietro. Una vita semplice, con un alto indice di natalità e dall’altrettanto indice di mortalità altissimo. Tutto era messaggio, simbolo, civetta. I sensi erano acuiti al massimo grado e credo che la comunicazione fosse in altre sfere, non solo verbale. Un popolo istintuale, pronto a combattere sempre. Forse un pò di quel senso ci è rimasto. Siamo guerrieri lavoratori noi marchigiani, oggi, dei gran combattenti.
Anche allora, come oggi, c’erano grandi differenze di casta:  quando ho visitato l’Antiquarium ho potuto ammirare  i ricchi reperti ritrovati in una tomba che poi è stata denominata ” Tomba della regina”, che regina non era, forse una ricca commerciante di origine greca,  ci parlano di carri personali, cavalli, ceramiche greche pregiate con riferimenti a Dioniso e alla Gorgone, monili di pregiata fattura.  Ricchezza e povertà, come in una commedia di Eduardo.

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